Profondità di campo e iperfocale

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Per profondità di campo si intende la zona entro cui tutto risulterà sufficientemente a fuoco.
E' evidente che quando si desidera avere una zona di messa fuoco molto estesa ( una grande profondità di campo) occorrerà ricorrere ad alcuni accorgimenti.
Trattando della "messa fuoco in pratica" sono state fornite tre indicazioni:


Un calcolo preciso della profondità di campo non può essere fornito dalle formule approssimate sopra riportate : tali indicazioni sono soddisfacenti per le situazioni più ricorrenti e ove non necessitino dati più precisi.
Si deve infatti rilevare che detta formula non tiene conto, ad esempio, della focale e del diaframma utilizzati, fattori che influenzano fortemente la profondità di campo.
Del diaframma si è solo suggerito di “chiuderlo" il più possibile, ma senza includerlo tra i fattori di calcolo.
Per un calcolo esatto della profondità di campo è necessario ricorrere a precise formule matematiche, di facile applicazione, ma non utilizzabili quando ci si trovi a dover decidere in pochi momenti.

Precisazioni di carattere generale

Un calcolo preciso della profondità di campo presuppone che si tenga conto dei fattori che la determinano :
f = focale ; N = diaframma impostato; dv = distanza di messa a fuoco; c = circolo di confusione.
Il nuovo metodo di calcolo richiede l’ introduzione di due nuovi concetti :

a) c (circolo di confusione) : la sua dimensione indica il diametro che assume sul sensore un punto che non si trovi sul piano di messa a fuoco; punto che, tuttavia, se ingrandito in fase di stampa ed osservato da una distanza opportuna, viene percepito dall’occhio umano come un punto.
La dimensione di “c" è definita dall’ottica utilizzata,; di norma, tuttavia, si assume come base per il calcolo un valore di c pari a 0,02 mm od assai prossimo ad esso: valore standard per ottiche di buona qualità.
Una semplificazione che risulta deviante per ottiche di economiche non in grado di fornire una risoluzione corrispondente.
b) H (distanza iperfocale) : è la distanza di messa a fuoco che fornisce una profondità di campo da H/2 a infinito.
Il suo valore è fornito dalla seguente formula :

H = [(f x f)/ Nc] + f

Pertanto, posti : dv = 2,57 ; f = 55; N = 32 ; c = 0,02

Si ha :

H = [(55 x 55) : (32 x 0,02)] + 55 = 4781 mm = 478,1 cm = 4,78 m

La formula data può essere utilizzata in forma semplificata :

H = [(f x f ) : Nc]

utilizzando gli stessi dati sopra esposti, si avrà H = 4781 - 55 = 4726

L'eliminazione del termine " +f "non ha quindi che una influenza marginale; anche quando la focale sia di 300 mm ( 30 cm).
Il ricorso alla formula semplificata influisce pochissimo o nulla anche nel calcolo dei valori "d" e "D " ottenuti con le formule di seguito indicate, quale che siano la focale utilizzata e la distanza di messa fuoco "dv"

E' bene evidente però come il calcolo di H, quale che sia l formula utilizzata, presenti dei problemi quando si utilizza uno zoom, ottica che consente di variare la focale in modo continuo.
La formula appena presentata appare un poco più agevole per un calcolo rapido di H.

Un sistema per comodo per calcolare H per una qualsiasi focale di uno zoom può essere il seguente :

1) calcolare H per la focale minima ed impararlo a memoria
2) calcolare il valore di H relativo alla focale che si utilizza ricordando che il fattore di correzione da applicare è dato dal quadrato del rapporto tra focale utilizzata e focale minima.
In pratica, l'iperfocale per una qualsiasi focale utilizzata sarà dato dall'espressione seguente :

(fu/fm) x (fu/fm) x Hm di base, dove è fu = focale utilizzata; fm = focale minima; Hm = iperfocale della focale minima.

Ad esempio, per uno zoom 18 x 105, si ha (per N = 32 e c =0,02) :

Hm = (18 x 18) : ( 32 x 0,02) = 506 mm = 0,51 m. iperfocale di base

105 : 18 = 5,833 ; 0,51 x 5,833 x 5,833 = 17,35 m. : iperfocale per un obbiettivo da 105 mm.

Calcolando direttamente il valore di H per una focale di 105 mm si avrebbe H = 17,23 m.
Una differenza trascurabile in rapporto al valore di H.

Un metodo analogo può essere utilizzato per calcolare H al variare del diaframma impostato.

N32/Nu x H32 dove N32 = 32 ; Nu = diaframma impostato ; H32 = iperfocale con diaframma 32(apertura minima); H = iperfocale per la focale al diaframma utilizzato.
Riprendendo l'esempio precedente, con f = 105 e N = 32 si ha, come visto, H = 17,35 m.

Se si imposta il diaframma N = 22, si avrà :

(32 : 22) = 1,455 x 17,35; H = 25,24 m.
Per N = 16 sarà H = (32 : 16) x 17,35 = 2 x 17,35 = 34,70 m.

Calcolo della distanza del punto più prossimo e più lontano sufficientemente a fuoco

Il calcolo delle distanze d e D (punto più prossimo e più lontano sufficientemente a fuoco) possono essere calcolati con due metodi :

1) Le formule seguenti, tratte da Greenleaf, Allen R., Photographic Optics, The MacMillan Company, New York, 1950, pp. 25-27 :

d = dv(H – f) : (H + dv – 2f) distanza del punto più vicino sufficientemente a fuoco

D = dv(H - f) : (H – dv ) distanza del punto più lontano sufficientemente a fuoco

Pertanto, posti : dv = 2,57 ; f = 55; N = 32 ; c = 0,02, si ha :

H = [(55 x 55) : (32 x 0,02)] + 55 = 4781 mm = 478,1 cm = 4,78 m

d = 2570(4781 – 55) : (4781 + 2570 – 110) = 12145820 : 7241 = 1677 mm =1,68

D = 2570(4781 -55) : (4781 -2570) = 12145820 : 2211 = 5493 mm = 5,49 m

Di conseguenza è PdC = 5493 – 1677 = 3816 mm = 3,82 m

2) formule più semplici sono proposte da numerosi testi :

d = (H x dv) : (H + dv) distanza del punto sufficientemente a fuoco

Assumendo, d'ora in avanti, H = [(f x f ) : Nc] si ha :

H = (55 x 55) : (32 x 0,02) = 4727 mm.
e per dv =2570 mm.

d = (H x dv) : (H + dv) distanza del punto più lontano sufficientemente a fuoco

d = (4727 x 2570) : (4727 + 2570) = 1665 mm. = 1,67 m.

D = (H x dv) : (H – dv) = (4727 x 2570) : (4727 - 2570) = 5632 = 5,63 m

e, pertanto, Profondità di campo, PdC = 5,63 – 1,67 = 3,96 m.

Come si vede, la differenza che si riscontra nei valori d e D, definiti dalle diverse formule sopra precedentemente esposte è irrisoria.

Entrambe le formulazioni riportate vengono però ad invertire il modo in cui il problema veniva posto trattando della messa fuoco in pratica.
Anziché decidere sulla base di valutazioni personali le distanze d e D, è la distanza di messa fuoco che viene definita aprioristicamente e sulla base di questa vengono ad essere calcolati i valori d e D che risulteranno sufficientemente a fuoco.

Nella pratica, tuttavia, è assai frequente che il fotografo voglia definire la distanza di messa a fuoco scegliendo prioritariamente il punto più prossimo che desidera a fuoco, essendo quello più critico. In tal caso conviene avvalersi, per disporre di un calcolo preciso, della formula seguente:

dv =(H x d ) : (H - d )

Detta formula si ricava facilmente da quella già nota d = (H x dv):(H + dv): (cfr. dimostrazione).

Se si applica tale formula con i valori d d = 1,67, calcolato precedentemente, ed H = 4723 mm., si ha dv = (4727 x 1670) : (4727 - 1670 = 2,58
Un risultato praticamente identico a quello già ottenuto.
Conseguentemente, risultano coerenti i valori d e D calcolati con le formule sopra citate; saranno infatti :

d = (H x dv) : (H + dv) = (4727 x 2580) : (4727 + 2580) = 1668 mm. = 1,67 m. e, analogamente,

D = (H x dv) : (H - dv) = (4727 x 2580) : (4727 - 2580) = 5680 mm. = 5,68 m. e, pertanto, PdC = 4,01 m.

valori che si differenziano dai precedenti di pochi centimetri al più.

Più interessante è il confronto con la formula semplificata [2dD/(d + D)] x 0,7 che per i valori i d = 1,5 m. e D = 9 m. dà dv = 1,80.
un valore abbastanza discosto da quello di 2,20 m. che si ottiene dalla formula Hd/(H - d ) Infatti per H = 4727 mm. si ha :

dv = 4.727 x 1500 : (4727 + 1500) = 2197 mm = 2,20 m.

Lo scostamento, benché non particolarmente rilevante, conferma l’influenza che, per una messa fuoco precisa assumono fattori di calcolo, quali la focale, diaframma e circolo di confusione, ignorati nella formula semplificata.

La nuova formula presentata lasci non predeterminato il punto D. Esso potrà essere calcolato con la formula già nota :
(H x dv) : (H – dv>)
La PdC sarà pari a D - d

Va da sé che anche questa formula presuppone il calcolo della iperfocale relativa alla focale ed al diaframma utilizzati, nonché al circolo di confusione che caratterizza l'obbiettivo.

Sono da richiamare comunque tre cose :

a) il valore dell’iperfocale rimane lo stesso per una focale solo se se non si varia il diaframma e si assume sempre uno stesso valore di c : ne deriva che l’uso di uno zoom implica le difficoltà già illustrate, come pure la variazione della diaframmazione .
b) la profondità di campo, anche a parità di iperfocale, dipende dalla distanza di messa a fuoco ovvero, data la relazione che le lega, dalla distanza del punto più prossimo d.
c) l’applicazione delle formule sopra riportate benché estremamente semplice comporta l’uso di una calcolatrice tascabile (oggi disponibile anche su telefonino) e… un poco di tempo.

Rapporto tra profondità di campo ed iperfocale

Prima di esaminare l’influenza di ciascun fattore di calcolo è opportuno chiarire come vari la profondità di campo al variare della distanza iperfocale. In termini assai semplici : ad una iperfocale lunga corrisponde una più estesa profondità di campo ?
La diversa estensione della PdC in che modo si riflette sulla distanza d (punto prossimo) e sulla distanza D (punto lontano) ?

Se si riprende in esame la formula d = (H x dv) : (H + dv) si comprende che al crescere di H, restando immutata la distanza di messa a fuoco dv, un aumento del valore H porta ad un aumento del valore d, in quanto il suo incremento avrà un effetto più marcato sul numeratore che non sul denominatore.
Posto infatti H = 4726 mm. dv = 2580, come visto, si ha d = 1669 e D = 5682, per cui PdC = 4013
Ipotizzando ora una iperfocale pari 7089 si avrebbe, fermo restando dv = 2580, d = 1891 e D = 4056, per cui Pdc = 2165
Quindi ad un incremento del 50% della iperfocale corrisponde un aumento della distanza d del 13% ed una diminuzione della distanza D del 29%. Di conseguenza, la PdC subisce una riduzione del 46%.
Se si ricorda che l’iperfocale è data da H = (f x f) : (N x c) appare ovvio che se aumenta la focale si riduca la profondità di campo : è una caratteristica ben nota, infatti degli obbiettivi a focale lunga.
Meno intuitivo è il fatto che mentre aumenta la distanza d , la distanza D subisce una sensibile riduzione : è soprattutto questo fatto che va a determinare la forte contrazione della PdC.
Ma occorre un’altra osservazione : il valore di H, benché prevalentemente determinato dalla focale, dipende anche dal diaframma : pertanto riducendo la diaframmatura si allunga l’iperfocale con conseguente analoga variazione dei valori d, D e PdC
Una variazione naturalmente meno sensibile in quanto l’iperfocale varierà proporzionalmente alla modifica e non al quadrato

Influenza di ciascun fattore di calcolo

E’ di grande importanza rendersi conto di come il valore di H e, conseguentemente, di d, D e PdC varino al variare della focale e del diaframma utilizzati.

Influenza della focale

Nell’esempio precedente ci si era riferiti ad f = 55 e N = 32, da cui H = 4726 mm. cm
Ora si consideri f = 110, lasciando invariato N.

Seguendo la seconda delle formule presentate, sarà H = (f x f)/Nc = 12100/ 0,64 = 18906 = 1891 cm.

1891 : 473 = 3,998 ; 4 volte il valore precedente :

Conclusione : raddoppiando la focale l’iperfocale quadruplica.

Risultano, di conseguenza, modificati d. e. D.

d = . (H x dv) : (H + dv) = (1891 x 257) : (1891 + 257) = .226 cm. contro i 167 cm

D = (H x dv) : (H – dv) = (1891 x 257) : (1891 - 257) =. 297 cm. contro 558 cm
PdC = 297 – 226 = .71 cm. contro 391 cm (meno di 1/5)

La variazione è assai meno marcata per i valori d e D che non per il valore di H; inoltre la variazione percentuale è più accentuata per D che non per d

Influenza del diaframma

Si riprendono i dati sinora utilizzati ponendo f = 55 , ma N = 16
Si ha :

H = [(f x f)/Nc] = (55 x 55/ 16 x 0,02) = 9453 mm. = 945 cm contro i 473 con diaframma 32

945 : 473 = 1,997 = 2

Conclusione : dimezzando N si raddoppia H

Pertanto sarà :
d =( H x dv) : (H + dv) = (945 x 257) : (945 + 257) = 202 cm contro 167

D = (H x dv) : (H – dv) = ( 950 x 257) : (950 - 257) = 353 cm contro 558

Influenza del circolo di confusione sulla PdC e sulle dimensioni di stampa

Il valore di c, sinora considerato, è stato sempre quello di 0,02 mm in quanto si è assunto che tale valore sia il solo da ritenersi soddisfacente per una adeguata profondità di campo.
Una tale scelta implica che solo il ricorso a diaframmi o focali diversi portano a definire valori diversi di H e, pertanto, una diversa profondità di campo. Tale impostazione, anche se risponde agli schemi usuali di calcolo, sembra affermare che il valore di "c" sia una costante. Una impostazione giustificata dal fatto che i valori dichiarati dalle case produttrici oscillano di pochissimo intorno al valore di 0,02 mm.
Così non è tuttavia per due motivi :

a) obbiettivi “commerciali" sono caratterizzati da un circolo di confusione che, ancorché non dichiarato, appare inferiore allo “standard" considerato;
b) è possibile decidere di accettare valori di “c" maggiori a patto di conoscerne ed accettarne le conseguenze.
Si consideri che l’occhio umano non è in grado di cogliere dettagli da una distanza inferiore a 25 cm . Pertanto un circolo di confusione di 0,025 mm, su una stampa ingrandita 10 volte assumerà le dimensioni di 0,25 mm che ad una distanza d 25 cm sarà visto come un punto.
Più in generale, va considerato che l’occhio umano non è capace di cogliere dettagli inferiori a 1/1000 della distanza di osservazione: e’ quindi accettabile un CdC di 0,05 mm se la stampa ingrandita 10 volte viene osservata da almeno 50 cm.
E’ naturalmente evidente che, assumendo una maggiore dimensione del CdC, si vengono a modificare i valori di H, d e D Si avrà quindi, per f = 55; N = 32 ; c = 0,025

H = 3836 mm
d = (3836 x 2570) : (3836 + 2570) = 1538 mm = 1,54 m

D = (3836 x 2570) : (3836 - 2570) =.7787 mm = 7,79 m
Pdc = 6249 mm = 6,25 m.
L anuova dimensione ha portato H da 4,81 m. 3,82 m. con un aumento della Pdc che passa da 3,89 m a 7,79.
In definitiva, l'ammissibilità di un CdC più grande riduce l'iperfocale e, di conseguenza, riduce la distanza del punto più prossimo a fuoco mentre aumenta sensibilmente quella del punto più lontano.
Appare quindi logico effettuare il calcoli dei valori H, d e D sulla base di Cdc = 0,25 mm.

Valori che risultano sensibilmente modificati.

I limiti della visione umana possono anche essere sfruttati per ingrandire una immagine, scattata con c = 0,02 mm sino a 12,5 x anziché di 10 volte.
Da quanto esposto, ne consegue che valori anche superiori di c potrebbero esse considerati accettabili, là dove l’immagine finale non sia destinata a forti ingrandimenti ovvero debba essere osservata da distanza considerevole.

Quest'ultima considerazione porta alla necessità di definire il concetto stesso di nitidezza in rapporto alle dimensioni di stampa ed alla distanza di osservazione.

Circolo di confusione e dimensioni di stampa

Con quanto appena esposto, si viene ad affermare, in pratica, che è nitida quell'immagine che "appare tale"nelle condizioni di osservazione in cui sarà utilizzata.
Condizioni che, in sostanza, consistono, per quanto concerne la "nitidezza", nella distanza di osservazione e nelle dimensioni che assume il circolo di confusione sull'immagine ingrandita ( stampa o proiezione).

In merito sono da distinguere due distanze di osservazione:

1) Distanza "corretta"
2) Distanza "comoda"

Per distanza corretta si intende Dc = (f x 1000 x m) ; dove è m = rapporto di ingrandimento (stampa o proiezione)
In tal caso si intende che il circolo di confusione sulla stampa dovrà essere pari a f/1000 x m ; di conseguenza sul sensore o pellicola si può accettare c = f/1000.

Per distanza comoda si intende la diagonale della stampa o proiezione.
Ne consegue che il circolo di confusione sulla stampa diviene = Diagonale stampa/1000; di conseguenza sul sensore sarà accettabile un c = Diagonale stampa : ( m x 1000).
N.B. Poiché l'osservazione comoda è calcolata sulla dimensione della stampa, qualora la stampa non riproduca l'intera immagine occorre fa riferimento alla parte effettivamente stampata ed all'effettivo coefficiente di ingrandimento.

Quanto sopra esposto è conforme a quanto riportato nella maggior parte dei testi che trattano l’argomento, tuttavia la relatività dei concetti esposti dovrebbe spingere ad una concezione in certa misura diversa.
Sarebbe più corretto parlare semplicemente di distanza adeguata intendendo come tale quella distanza a cui potranno essere osservate le immagini (stampate o proiettate)
Una immagine potrebbe non consentire una osservazione ravvicinata al disotto di una certa distanza : cartellonistica, immagini esposte in vetrina.
Un manifesto, infatti, potrebbe però consentire una distanza di osservazione anche molto ridotta.
Analogamente, in una mostra fotografica i visitatori potrebbero avere la possibilità di osservare le immagini esposte anche da distanza molto ridotta, secondo la loro collocazione. Uno sgranato od un fuori fuoco sarebbero sgradevoli se fosse comunque possibile una osservazione da una distanza più ridotta di quella ipotizzata.
Cosa probabilmente possibile in una mostra.
In questi casi si dovrebbe valutare la nitidezza in base alla distanza minima di possibile osservazione.
E’ questo un aspetto che, a parere dell’autore, dovrebbe essere sempre tenuto presente nel definire il CdC accettabile. Pertanto, appaiono di dubbia utilità pratica altri criteri di valutazione del CdC i quali propongono altre formule per il calcolo di “c", assumendo come valore di riferimento c = f/1440 ( valore standard) ovvero c = f/1730 ( valore relativo).

Tali calcoli sembrano dimenticare che il circolo di confusione effettivamente fruibile dipende da due soli fattori :
1) circolo di confusione che caratterizza l’obbiettivo : esso dipende dalla qualità ottica dell’obbiettivo. Il suo valore può essere di 0,02 mm se l’obbiettivo risolve 50 linee per millimetro, di 0,125 mm se l’obbiettivo ne risolve 80.
Tuttavia può essere ben superiore a 0,02 mm se risolve meno di 50 linee.
Per verificarlo basta osservare una immagine scattata con un obbiettivo originale di una primaria marca e la stessa ripresa effettuata utilizzando un obbiettivo commerciale.
2) la qualità del supporto di registrazione (pellicola o sensore + software di elaborazione) Appare abbastanza singolare vedere molti fotografi spendere somme ingenti per acquistare corpi macchina di alta fascia e poi apporvi un’ ottica commerciale.

E' possibile effettuare il calcolo on line per avere i valori di “c di H, d, D e della profondità di campo per numerosi modelli di macchine fotografiche e diverse ottiche si consulti< a href="www.dofmaster.com"> www.dofmaster.com
. Si tenga tuttavia presente quanto appena precisato.

Massimizzare la profondità di campo

Come si può rilevare dalla formula utilizzata per il calcolo della profondità di campo, H = (f x f) : Nc, se si regola la messa a fuoco dv su una distanza pari ad H, si ha che il punto più vicino sufficientemente a fuoco (d) e quello più lontano (D) saranno dati da :

d = (H x dv) : (H + dv) = (H x H) : (H + H) = H/2

D = (Hx dv) : ( H – dv) = (H x H) : (H – H) = infinito

L’iperfocale pertanto rappresenta la distanza di messa a fuoco che, per una data focale ed un dato diaframma, assicurano la massima estensione della zona di relativa nitidezza : questa infatti si estende da metà dell' iperfocale ad infinto.
Si può pensare quindi che adottare l'iperfocale come distanza di messa a fuoco capace di risolvere ogni problema : in effetti tale soluzione viene adottata in situazioni in cui occorre scattare al volo non essendovi tempo per una più corretta messa a fuoco. Ma sarebbe una scelta infelice fuori di tali situazioni estreme e valida solo ove H/2 assuma un valore compatibile con la distanza della scena da riprendere.
Ricordando che è H = (f x f)/Nc si comprende come l’iperfocale aumenti al crescere della focale utilizzata e, analogamente, aumenti usando diaframmi più chiusi, espressi da valori numerici più elevati, essendo posti al denominatore.
Ovviamente il valore di H diminuisce riducendo la focale o aumentando il valore di N (diaframma più chiuso). Ciò rende facilmente comprensibile come l'uso di focali corte, come già visto, porta a valori minori di H. Infatti, come si è avuto modo di vedere, una focale di 55 mm ( per N = 32 e c = 0,02) dà una iperfocale di 4,78 m. : conseguentemente il tutto a fuoco si estenderà da circa 2,39 m. ad infinito.
Viceversa una focale di 110 mm. fornisce un valore H di 18,91 m. : il campo di fuoco utile si estenderà da 9,45 m ad infinito.

E’ facile constatare come, la stessa focale di 55 mm., utilizzando un diaframma più aperto, ad esempio 8, il valore di H salga da 478 mm. a 18,91 m. e diventi pari a 62,50 m. con una focale di 100 mm.

Il concetto di massimizzazione della PdC non può tuttavia prescindere dalla definizione del punto più vicino ch si desidera relativamente a fuoco.
E’ evidente che una iperfocale di 18,91 m. è accettabile solo per riprese di soggetti posti a distanza notevole. E che dire di una Iperfocale di 62,50 m. ?

La massimizzazione della PdC non può in effetti prescindere dalla definizione del punto più prossimo che si vuole relativamente a fuoco.
Per calcolare la iperfocale che, assunta come distanza di messa a fuoco, ci assicuri una soddisfacente messa fuoco da un punto prossimo definito a priori ad infinito si può procedere in due maniere :

1) Agendo sulla scelta della focale
2) Agendo sulla scelta del diaframma

Occorre. Tuttavia avere presenti le conseguenze di ciascun intervento

Modifica della iperfocale mediante variazione della focale

E’ da osservare, anzitutto, che la modificazione della focale determina una diversa inquadratura: se si riduce la focale per disporre di una iperfocale minore (maggiore PdC) l’inquadratura sarà più ampia di quella desiderata. Questo non costituisce un problema insormontabile : sarà possibile modificare l’inquadratura in post-produzione, ma ciò comporterà un maggior fattore di ingrandimento in fase di stampa o proiezione.
Non sarà, viceversa, possibile aumentare l’iperfocale accrescendo la focale : una inquadratura più ristretta non potrà in alcun modo essere recuperata.
In questo caso l’unica soluzione è ricorrere ad una maggiore apertura del diaframma, che , tuttavia, comporterà una minore PdC .

Modifica della iperfocale mediante variazione del diaframma

Riprendendo quanto appena accennato, supponiamo di voler effettuare una ripresa con una focale di 55 mm, circolo di confusione = 0,02 mm., di un soggetto che si estenda da 1,50 m. a infinito.
Se si usasse il diaframma 32 si avrebbe una iperfocale di 4,73 m., essendo H = (f x f)/Nc = (55 x 55) : 32 x 0,02 = 3025 : 0,64 = 473 mm.
Mettendo a fuoco sulla distanza di 4,73 m. la PdC si estenderebbe da 2,37 m ( H/2) ad infinito.
La iperfocale che assicura che il punto più prossimo sia di 3,00 m è H = 6 m : vale a dire il doppio della distanza minima considerata.
Se si vuole aumentare l’iperfocale a 6 m, senza modificare la focale e, di conseguenza, l’inquadratura si deve necessariamente ridurre il diaframma .

Come definire il diaframma necessario ?

Il calcolo è assai semplice.

Ricordando che è H = (f x f): (N x c) si può affermare essere:

N = (f x f) : (H x c) da cui per H = 6000 mm.; f = 55 mm.; c = 0,02 mm., si ha :

N = (55 x 55) : (6000 x 0,02) = 3025 : 120 = 25.

Tale opportunità può riuscire utile quando, come nell’esempio presentato, il punto più vicino che si desidera a fuoco è relativamente lontano (superiore ad H/2) o addirittura superiore ad H.
Supponiamo ora di voler effettuare una ripresa di un soggetto piuttosto lontano. Siano, come nel caso precedente, f = 55; c = 0,02; H = 473 cm. per N = 32.
Regolando la messa a fuoco su 4,73 m il punto più prossimo relativamente a fuoco si collocherebbe a 2,37 m. (4,73 : 2).

Se il campo inquadrato non comprende elementi posti a tale distanza in quanto i più prossimi si collocano a 6 m.( valore maggiore persino di H) appare conveniente spostare il punto più prossimo a fuoco a tale distanza per una migliorare la loro resa e quella degli elementi più lontani.

Per risolvere il problema basterà stabilire, come in precedenza, una adeguata apertura di diaframma, inferiore a 32.

Il calcolo è quello già illustrato, tenendo conto che essendo d = 6 m. dovrà essere H =12 m. Dal che : N = (f x f) :(H x c) da cui per H = 12000 mm.; f = 55 mm.; c = 0,02 mm., si ha :

N = (55 x 55) : (12000 x 0,02) = 3025 : 240 = 12,6.
E’ appena il caso di osservare che qualora il calcolo porti ad un valore di diaframma di cui la fotocamera non dispone si assumerà quello più prossimo.

Va subito osservato, tuttavia, che mentre è semplice ottenere un aumento dell’ iperfocale mediante una maggiore apertura del diaframma, è estremamente difficile, per non dire impossibile, ottenere una riduzione dell’iperfocale per valori di diaframma oltre la dimensione minima.
Se infatti si volesse portare iperfocale a 3 m, occorrerebbe chiudere il diaframma a 50 : valore non disponibile su nessun obbiettivo.
Si potrebbe obbiettare che è possibile applicare sull’obbiettivo un disco con foro opportunamente dimensionato. Ma questa “soluzione” presenterebbe alcune serie difficoltà :
1) la previsione di dover disporre del diaframma aggiuntivo
2)oscuramento della scena e necessità di una preventiva messa fuoco a mano;
3)regolazione manuale dell’esposizione per tener conto della maggiore diaframmatura
4)tempo di esposizione assai lunga con probabile necessità di avvalersi di un cavalletto

Da quanto sopra esposto credo sarebbe più opportuno parlare di ottimizzazione della profondità di campo che non di massimizzazione.

Una notazione particolare deve essere fatta per i possessori di bridge e compatte.
Questi apparecchi dispongono di sensori molto piccoli e, di conseguenza, sono caratterizzati da un circolo di confusione che può essere di 0,005 mm.
La conseguenza è che, a parità di diaframma e focale, hanno una iperfocale quintupla rispetto alle Reflex.
Tale fatto non induce ad una estensione della iperfocale mediante riduzione della diaframmatura, tanto più che tali apparecchi generalmente dispongono di un diaframma non superiore ad 8.
Inoltre, mentre le compatte hanno una focale assai corta, le bridge si caratterizzano per focali massime di 70 mm. che comportano iperfocali piuttosto lunghe minore profondità di campo.
Maggiore attenzione deve essere prestata quindi dai possessori di bridge, che ormai dispongono di zoom assai potenti.

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Messa fuoco in pratica

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